I venticinquemila metri quadrati della piazza sognata dal quartiere sono ancora incolti. L’enorme area, sulla carta, collega via Brancaccio al futuro polo parrocchiale con la chiesa dedicata a padre Pino Puglisi. Qui però, dieci anni dopo la deposizione della prima pietra da parte dal cardinale Paolo Romeo, nulla è stato fatto. Ma di fronte alla piazza che non c’è, fra pochi giorni, sarà inaugurato un centro aggregativo per accogliere i ragazzi da tutto il mondo in arrivo nel quartiere per conoscere la storia di Puglisi. In una vecchia torre seicentesca donata da un privato, ingoiata dalle case, il Centro di accoglienza Padre nostro ha realizzato l’ennesimo piccolo miracolo terreno.
Eccolo, Brancaccio. Dove da una parte c’è chi si sbraccia ogni giorno, seguendo il motto di Puglisi «se ognuno fa qualcosa» e dall’altra ci sono le istituzioni che nella migliore delle ipotesi vengono trainate dal terzo settore e nella peggiore promettono e non mantengono. Anche per i servizi basilari: dallo spazzamento delle strade al recupero dell’immondizia dai cassonetti. «Abbiamo cercato di riqualificare pezzi di Brancaccio – dice Maurizio Artale, che guida il Centro Padre nostro- In questi anni abbiamo ricevuto tante donazioni da parte di privati che hanno visto che i progetti li realizziamo davvero. Piccoli francobolli che dimostrano come le cose si possano fare: a volte siamo riusciti a coinvolgere la pubblica amministrazione, altre volte siamo andati avanti da soli».
Il progetto Brancaccio 2.0, che prevedeva fra l’altro la piazza e l’asilo nido che nel quartiere non esistono, aveva già avuto la garanzia di risorse in arrivo dallo Stato, ma è rimasto lettera morta. «Il terreno della piazza doveva essere espropriato dalla Regione perché il Comune potesse procedere – racconta Artale – Questo non è stato fatto e abbiamo perso i fondi. Eppure il progetto esecutivo era pronto, l’abbiamo donato noi al Comune. Invece per l’asilo, che l’amministrazione Lagalla ha fatto di nuovo entrare nel Piano delle opere pubbliche, la gara dovrebbe partire entro dicembre. Nel giro di due anni dovremmo finalmente averlo».
Alle spalle del terreno dove dovrebbe sorgere l’asilo c’è un parco giochi installato e mai inaugurato dal Comune. «Il sogno di Puglisi in questi trent’anni è stato portato avanti, fra mille difficoltà, ma non si è mai fermato – dice Artale – Il Centro che lui inaugurò, nel 1993, ha messo in rete tutti: il Comune, la Regione, il governo, i privati. Padre Pino è stato catalizzatore di riqualificazione umana prima di tutto, ma non solo. Era un profeta, vedeva cose che gli altri non immaginavano. Lui raccoglieva le istanze di Brancaccio e le portava al Comune, questo abbiamo continuato a fare anche noi. Prima di morire ha chiesto la scuola nel quartiere, ed è arrivata nove anni dopo la sua uccisione».
In un vecchio mulino del sale abbandonato adesso c’è un centro antiviolenza per accogliere le donne in difficoltà. «La mia nuova vita è cominciata con il Centro Padre nostro – racconta Vincenzo, condannato a 15 anni di carcere perché vendeva cd di contrabbando – Collaboro per tutto quelle che serve, mi sento vivo e al sicuro».
Nei famigerati magazzini di via Azolino Hazon, l’ex regno degli spacciatori per il quale Puglisi si batté facendo anticamera per ore negli uffici comunali, fino al giorno della sua morte, da dieci anni i volontari del Centro Padre nostro seguono bambini e ragazzi nel doposcuola e gli avvocati prestano la loro consulenza con uno sportello di ascolto “Pane quotidiano” per la distribuzione di tutto quello che è necessario per le famiglie in difficoltà del quartiere.
Poi ci sono ragazzi, moltissimi, per i quali Puglisi voleva non solo un quartiere ma una società migliori. Ogni giorno a decine varcano le soglie del centro sportivo poco distante dalla sede del “Padre Nostro”. In questi giorni un gruppo sta preparando fiori di carta da portare sulla tomba di Puglisi.
«Un fiore per Puglisi»: chissà, forse un giorno cresceranno anche sul terreno incolto della piazza, attorno alla nuova chiesa, nel parco giochi fantasma. Chissà. L’importante è che non si smetta di crederlo possibile.
di Claudia Brunetto
XXX anniversario | martirio | padre pino puglisi | Segnala | Commenta |
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